giovedì 8 gennaio 2009

Quello che so

(Tragicommedia ambientata nel magico mondo della pubblicità)
Quarta Puntata


10.
Strappa il velo del successo, e vedrai un brulicare di vermi. Il giorno prima ti sembra che il potere di quest’uomo lo renda invincibile, inattaccabile, immortale. Il giorno dopo ti rendi conto di quanto poco ci fosse, dietro a quel potere, dietro a quel successo. Il giorno dopo, le iene si avventano a frotte sulla carogna.
Il telefono sulla scrivania di Stefano Massa, CEO della Altoprofilo, squillò alle 9.35 del lunedì successivo alla morte di Francesco M.
Stefano Massa non aveva ancora finito di scaccolarsi la narice sinistra quindi la telefonata così mattutina lo mise subito di cattivo umore, e quando la segretaria annunciò che si trattava di Antonio U., direttore creativo di un’agenzia concorrente che versava in cattive acque, il suo umore non migliorò di certo.
“Antonio, come stai?” si sforzò di apparire se non cordiale, almeno non ostile.
“Distrutto, Stefano, come vuoi che stia? Come immagino stiate anche voi.” Stefano Massa pensò subito che doveva segnalare al dott. Moiano il nome di Antonio U. Poi si ricordò che nell’ambiente la sua falsità era leggendaria, tanto che il suo soprannome universalmente noto era ‘Il Giuda’.
“Taglia corto, Antonio, lo sanno tutti che lo odiavi. Ti aveva fregato tutto quello che era possibile fregare a un uomo.”
Attimo di silenzio.
“Quella è una storia morta e sepolta, e ci eravamo chiariti da anni, ormai.”
“Ah, quello tu lo chiami chiarimento? Quando avete fatto a botte nel bagno della Brent-Stephenson e lui ti ha ficcato la testa nella tazza del casso? A proposito, come sta Laura, la vedi ancora di tanto in tanto?”
“Ti diverti, vero? Si sente che ti stai divertendo. E io che avevo chiamato per farvi le condoglianze..”
“Senti, vaffanculo, io non ho tempo da perdere dietro alle tue stronzate. Quindi se non hai altro da dire arrive…”
“Su, non è il caso di litigare, Stefano, e poi forse non ti conviene essere troppo sgarbato con me.”
“Esattamente che cosa cazzo avresti intenzione di dire, brutto stronzo di un Giuda?”
“Niente, niente…solo che ci sono delle cose che avete fatto con le case di produzione…cose non proprio limpide…non so se i vostri clienti sarebbero felici di saperle.”
“Non so di cosa stai parlando, Giuda. E comunque lo sai che lo fanno tutti, e comunque con le case di produzione teneva i rapporti Francesco, e io…”
“Ah ah, Stefano, non è elegante dare tutta la colpa al caro estinto. Puoi dimostrare che non ne sapevi niente? Difficile crederlo. Secondo te l’amministratore delegato del vostro cliente più importante, tu sai di chi parlo, ci crederebbe? Guarda caso lo vedo proprio domani sera a cena, da amici comuni. Vuoi che glielo chieda?”
Stefano Massa rifletté per un istante, quanto gli bastò per convincersi che il Giuda sarebbe stato capace di farlo. Il guaio era che chiunque in questo cazzo di mondo sarebbe stato capace di fare qualunque cosa, pur di ottenere quello che voleva.
“Che cosa vuoi?”
“Niente. Voglio solo che mi pensi.”
“Pensare a te?”
“Esatto. Dovrai pure sostituire Francesco prima o poi. Non puoi mica andare avanti senza un direttore creativo, no? Allora ti chiedo solo, quando verrà il momento, di pensare a me. Tutto qui.”
“Okay, penserò a te. Non ti dispiace se ti penserò tagliato in una ventina di pezzi diversi, vero?”
“Che burlone che sei, Stefano. Hai sempre voglia di scherzare. Ci sentiamo presto. E’ stato un piacere parlare con te.”

11.
Il dottor Calogero Moiano stava cercando di tenere gli occhi aperti mentre leggeva senza sosta:

Da: Reparto Ricerche
A: Reparto Creativo
CC: Direzione Generale
Oggetto: Contact report del 23 marzo 1998

Il cliente condivide lo scenario di fondo entro il quale Brand X opererà e concorda con l'obiettivo di coniugare i vincoli del brand con quelli della categoria. A tal fine il trademark avrà un ruolo importante rispetto al brand che di per sé è garanzia di wholesomeness. Il Cliente richiede l'individuazione del trademark secondo due strade, una con valenza internazionale e l'altra italiana. La selezione individuata, e attualmente in verifica qualitativa, comprende: Saratoga, Circus, Squinz, Flik. Di questi, Flik emerge come il più interessante per un trademark di portata internazionale. L'Agenzia presenta inoltre una nuova serie di proposte internazionali, delle quali vengono selezionate le seguenti: Boom!, Ratatà, Parapà, Parapè, Parapù, Parapazum e Sprizzolo, mentre Parapì viene giudicata non idonea. Per quanto riguarda la definizione della copy strategy, Cliente ed Agenzia condividono la necessità di individuare un insight significante all'interno del positioning.

“Qui c’è sotto qualcosa.” Ancora una volta, il magistrato pensava ad alta voce più che parlare. Prese il foglio e lo infilò nella sua cartellina. Era stato ore e ore a spulciare inutili documenti e proprio alla fine, leggendo le ultime pagine in fondo all’ultimo scatolone, aveva trovato qualcosa che aveva destato il suo interesse.
Alzò lo sguardo sull’orologio a muro fermo, che segnava le undici e trentacinque. Istintivamente abbassò lo sguardo sul suo polso poi disse:
“Ah, già.” e uscì dalla stanza con la sua cartelletta sottobraccio. Giunto all’ingresso del commissariato chiese al poliziotto di pattuglia:
“Che ore sono per cortesia?”
“Le undici e trentacinque.”

12.
Stefano Massa era un uomo qualunque, con una vita qualunque e una famiglia qualunque. Aveva subito il fascino di Francesco M., come tutti, ma non aveva condiviso molte delle sue scelte. Da tanto tempo aveva smesso di cercare di capire il mondo dentro il quale si trovava ad operare. Ogni giorno di più gli sfuggiva il senso di quello che faceva, ogni giorno di più si sentiva intrappolato, in una prigione dorata, ma pur sempre intrappolato. Che poi anche questa storia dei pubblicitari che erano tutti ricchi sfondati… se non eri corrotto non era così facile diventare miliardari.
“Forse dovremmo smettere, Giovanni. Dovremmo trovare la forza di dire basta a tutto questo schifo, a tutta questa falsità.”
Giovanni Moresi, il miglior amico di Stefano Massa, addentò la sua fajita, trangugiò un lungo sorso di Dos Equis, poi disse:
“Che c’è, Martina non ti ha fatto scopare, ieri sera?”
“Non l’ho vista ieri sera, ero a casa con moglie e figli. Sono tornati dal campeggio e per una volta erano a cena a casa. Comunque lascia perdere Martina, sto dicendo sul serio.”
“E come no? Sono anni che dici sul serio, questa vita di merda, questo ambiente di merda, tutte queste falsità. Mi sembra che eri ancora account supervisor quando hai cominciato con ‘sta lagna. Senti, io mi sono rotto di sentire questo discorso. O ti decidi veramente a smettere o falla finita e tira avanti. Dopotutto ci sono modi peggiori per guadagnarsi da vivere. Pensa a me che ogni cazzo di mattina della mia vita incontro er Caccola, e per giunta devo pure fargli la riverenza.”
Er Caccola era il soprannome attribuito al nuovo Primario del reparto di Chirurgia Toracica dell’Ospedale San Carlo, presso il quale Giovanni lavorava. Giunto a quel posto per meriti puramente politici, uno zio ex gerarca fascista (non ve l’avevo detto? Nel migliore dei mondi possibili avere un antenato fascista, possibilmente repubblichino, è diventato un titolo di merito) er Caccola era noto per la sua leggendaria incompetenza e per la sua volgarità senza limiti. La quasi totalità dei medici, degli infermieri, dei portantini dell’Ospedale si sarebbero rifiutati persino di farsi misurare la febbre da quell’uomo, che ora era diventato il loro capo. Così va il mondo.
“A te basta tirare fuori er Caccola per troncare qualunque discussione. Troppo facile, troppo comodo.” Disse Stefano, ma sapeva che in fondo Giovanni aveva ragione. L’inconcludenza, ecco il suo problema. La troppa cautela. Anche con Francesco M. era stato sempre troppo cauto, troppo accomodante. ‘Se per esempio in quella storia sporca dei suoi rapporti con le case di produzione avessi preso una posizione più netta ora forse non mi troverei a subire i ricatti di quello…’
Lo squillo del telefono cellulare interruppe la sua riflessione silenziosamente lagnosa. Era il suo, lo riconosceva dalla suoneria con il tema di Mission Impossible, ma non riusciva a ricordarsi dove lo aveva messo. Nel ristorante messicano si fece un silenzio assoluto, cosa di per sé rimarchevole. Tutti gli occhi puntarono su Stefano il quale dopo ventiquattro interminabili secondi riuscì a recuperare il telefono, che nel frattempo aveva smesso di suonare. ‘Ora mi linciano’ pensò Stefano, già pronto a darsi alla fuga. Invece due persone cominciarono ad applaudire, subito seguite da altre e in un attimo tutta la sala stava tributando una standing ovation alla suoneria di Stefano, al quale non restò che inchinarsi. Risiedendosi al suo tavolo notò lo sguardo un po’ canzonatorio di Giovanni, che se la stava godendo un mondo:
“Dai che in fondo ti diverti, ammettilo.”
Stefano rise, suo malgrado. “Se tu sei il mio migliore amico, figuriamoci gli altri.”
Il telefono cellulare gli inviò il segnale di messaggio ricevuto, e Stefano lo ascoltò:
“Buonasera dottor Massa, sono Elisa Melozzi di Pubblicità Futura, sto scrivendo un pezzo sui nuovi trend e vorrei rivolgerle un paio di domande. Gliele anticipo, così mi richiama subito. Uno: in una battuta, chi è Dio per un pubblicitario di successo? Due: secondo lei, l’uso dei calzini rossi nei commercial per prodotti di largo consumo può essere un trend duraturo, o è solo un fuoco di paglia? Mi raccomando, ho bisogno di risposte un po’ trasgressive, un po’ creative insomma. Aspetto la sua chiamata.”
Stefano Massa memorizzò il messaggio poi diede il suo telefono a Giovanni e glielo fece ascoltare.
“Ora guardami negli occhi e dimmi che er Caccola è peggio di questo.”

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