mercoledì 3 novembre 2010

Riportami indietro

Bar Molina di via Canonica. Caffè, brioche, e Corriere della Sera.

Entra nel bar un uomo sulla cinquantina, è Gino il tassista. Si tampona la fronte con un fazzoletto da naso. Sosta alla cassa e paga un caffè. Prende lo scontrino e il resto. Attraversa il vuoto che c'è tra la cassa e il bancone. Mette il resto in tasca e passa lo scontrino al barista.
- Potevi pagare dopo. - Gli dice il barista.
- Sta zitto che oggi non è giornata. - Gino continua a tamponarsi la fronte.
- Che è? Qualcuno t'ha puntato la pistola al culo? - Gli dice il barista mentre poggia la tazzina sul piattino.
- Ridi te. Tutto il giorno col grembiule sulle palle. Invece di andare a vedere la vita fuori. Alla mia età ti ritroverai ancora in questo bar. Poi entrerà qualcuno che ti sparerà un colpo e non saprai nemmeno perché. Bella vita di merda.
- Oh, senti, vedi di non portarmi male che c'ho ancora un paio di piaceri da passarmi.
Gino beve il caffè in due sorsate, da un'occhiata al fondo, poi poggia la tazzina sul piattino e continua a parlare con il barista.
Io da che ero seduto al tavolino, di fianco al poker elettronico, mi alzo per andare verso il bancone e chiedere un bicchiere d'acqua.
- Nella vita bisogna pur rinunciare a qualcosa,... ehi Manlio! - e schiocca le dita nella mia direzione.
- Ciao Gino, come va?
- Diciamo bene. Ti va di venire a fare un giro in taxi? Offre lo 02-4040.

Saliamo in macchina e ci dirigiamo verso la stazione dei taxi più vicina.
- Posso? - Faccio per accendere la radio e sentire qualche notizia. Giusto per sapere dove va il mondo.
Gino annuisce, poi con un dito sfiora un punto imprecisato del cruscotto e all'improvviso tutto si illumina.

All'altezza di un panificio un tipo ci fa segno di fermarci, poi sale a bordo e ci chiede di portarlo sui navigli. Gino inizia a far girare il tassametro e parte.
Poco dopo il tipo inizia ad agitarsi, non abbiamo ancora raggiunto la via che ci ha indicato. Il tassametro continua a girare.

Il tipo guarda fuori dal finestrino. Probabilmente per vedere da che parte stiamo.

Intanto alla radio finiscono per parlare di Silvio Berlusconi, e Gino sbotta:
- Ma non ci rompete i coglioni. E lasciatelo governare. Poi, se non combina niente se ne torna a casa. Arrivederci e grazie.
Il tipo fa qualche considerazione ma Gino non lo ascolta, continua per la sua strada. Il tassametro ha raggiunto una cifra considerevole.
Al che il tipo si sporge in avanti. Mostra una foto a Gino, e dice:
- Mio padre ha fatto il tassista per quindici anni. Guadagnava dieci milioni al mese e ne dichiarava appena tre.
E Gino: - Se gli andava così bene perché ha smesso?
- L'ultimo passeggero che ha preso su, gli ha chiesto di essere accompagnato fuori città, in campagna. Poi arrivati in una via secondaria l'uomo gli ha sparato un colpo in testa e gli ha lasciato il resto.
- Ah. - Gino guarda oltre lo specchietto retrovisore. Fuori dal taxi.
- Vedi, io adesso potrei spettinarti questo bel riporto. E' solo che non voglio fottermi la vita perché a uno stronzo piace farsi i giretti in macchina, facendosi pagare la benzina da quelli a cui da un passaggio. Quindi vedi di riportarmi dove mi hai caricato e la cosa finisce qua. Altrimenti in ricordo della buona guida di mio padre, ci facciamo un pellegrinaggio alla strada di fango dove l'hanno impallinato, gli recitiamo una preghiera, e poi ti dico amen.
Gino si volta verso il tipo: - Ma io non...
- Senti, probabilmente anche a mio padre piaceva allungare un po' la strada ma sono sicuro che almeno alla fine il conto lo arrontondava per difetto. Invece tu appartieni a quelli che il culo lo prendi senza far godere neanche un po'. Sei avaro. Quanto hai rubato all'ultimo coglione che si è seduto quì dietro, eh? Solo che adesso la posizione varia. Un po' di fantasia anima la coppia, non credi?
- E' solo che...
- Te lo ripeto. Riportami dove mi hai incontrato. Azzeri il tassametro ed io ti sarò sempre grato per il giro panoramico.
Gino non sa cosa fare.
- Riportami indietro. - Gli dice il tipo. - Non ne sei capace, vero? Nessuno lo è.
A questo punto accostiamo. Il tipo apre lo sportello e buonanotte ai suonatori.
Per un attimo rimaniamo a fissarci, io e Gino, così: con lo sportello posteriore sinistro aperto come il portellone di un aereo in volo, dal quale si è appena lanciato un uomo senza paracadute.
E soffia. Il vuoto che occupava il sedile posteriore, soffia via. Risucchiato dalla forza di gravità che lo riporta a terra. E una volta a terra riprende peso.

Torniamo dalle parti del bar Molina. Poco prima vediamo che stanno sostituendo l'insegna del panificio con quella di una nuova gastronomia cinese. Appena ieri c'ero entrato per comprare della focaccia calda.

Rientriamo al bar. Gino mi dice di aspettarlo al bancone. Si ferma alla cassa e mi offre un caffè. Con una mano prende lo scontrino e con l'altra mette il resto in tasca. Si avvicina al bancone. Passa lo scontrino al barista. Poi riprende il resto dalla tasca, lo deposita nel piattino delle mance e dice:
- Arrivederci, e grazie.

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