giovedì 16 aprile 2009

Quello che so

Quattordicesima puntata

35.
E’ notte fonda. La sede dell’agenzia di pubblicità Altoprofilo è deserta, dopo che anche l’ultimo giovane borsista, sottopagato sfruttato e maltrattato, alla fine del suo lavoro estenuante e con gli occhi che gli fanno male per lo sforzo, ha lasciato l’agenzia per tornarsene a casa e buttarsi in branda per un paio d’ore.
E’ questo il momento in cui il pesce pulitore entra in azione, quando il resto del mondo dorme. Attraversa il corridoio silenzioso tenendosi molto vicino alle pareti, perché sa esattamente dove sono situate le telecamere. Passa davanti ai cessi, supera l’angolo e affronta l’ultimo lungo corridoio che conduce al grande ufficio del direttore creativo.
L’arredamento non è cambiato, perché Antonio U. non ha avuto il coraggio di farlo cambiare. “Che lurido codardo”, pensa il pesce pulitore.
“Ma questo torna a mio vantaggio”.
La traccia lasciata dal corpo di Francesco M. è quasi totalmente scomparsa, e comunque nell’oscurità sarebbe impossibile individuarla, ma il pesce pulitore la vede con gli occhi della mente, e volta lo sguardo da un'altra parte.
Gli interessano le cassettiere. Metodicamente le apre una ad una, illuminandone il contenuto con una piccola ma potentissima torcia. Non ha fretta, può cercare con calma. Ogni volta che finisce di rovistare in un cassetto rimette tutto a posto con estrema attenzione, poi passa al successivo. Ha quasi finito di passare in rassegna la prima fila di cassetti quando si blocca, e resta immobile. Poi volta la testa lentamente e guarda con attenzione verso la libreria dalla parte opposta della stanza. O meglio, lo sguardo è diretto là, ma al tempo stesso i suoi occhi sono persi nel nulla. Improvvisamente si alza e si dirige a passo spedito verso la libreria. Da uno degli scaffali comincia a buttare giù tutti i libri, ora con foga impaziente. Ne trova uno, si ferma a guardarlo con il fiato sospeso. Sulla copertina è scritto in grande il titolo del volume: Top Performance.
Il pesce pulitore non riesce a evitare che gli sfugga un sorriso. “Sempre ironico, eh, vecchio stronzo?” Non si dà neanche pena di sfogliare il libro che ha in mano, perché sa che quello che cerca è lì dentro.

36.
Quello che so, pagina 30:
“E’ meglio che io cominci a prepararmi alla morte. Ormai sono sicuro che non manca molto. Per esempio: quando mi uccideranno, perché so che prima o poi mi uccideranno, so come dovrà suonare l’epigrafe perfettamente adeguata al mio personaggio. Eccola: la mia dipartita da questa valle di lacrime si trasfigurerà in un estatico trionfo di candore. Graziosa, no?”

37.
In fondo Francesco M. era un burlone.
Il dott. Moiano se lo immaginava mentre cercava parole pomposamente vacue per continuare, anche dopo la morte, a recitare la parte del pallone gonfiato pieno di sé, il tipo sociale antropologicamente più diffuso nell’ambiente della pubblicità, a quanto pareva.

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