giovedì 19 febbraio 2009

Quello che so

(Tragicommedia ambientata nel magico mondo della pubblicità)
Settima puntata






20.
Tutti gli impiegati dell’agenzia Altoprofilo si trovavano riuniti nella sala riunioni grande al secondo piano. Avrebbe dovuto parlare Stefano Massa in qualità di amministratore delegato, ma quella mattina aveva accusato un attacco di sciatica e non era riuscito ad alzarsi dal letto. Così, nel silenzio generale prese la parola Richard Young:
“Sono qui per dirvi due cose. La morte di Francesco è stata un fatto troppo terribile perché se ne potesse parlare. Una cosa che ci ha lasciato muti. Voi tutti eravate al funerale e avete salutato Francesco insieme a noi, all’inizio del suo ultimo viaggio. Lasciatemi dire che nel mio cuore, nel nostro cuore, Francesco non potrà mai essere sostituito…”
(pausa)
“…purtroppo però, o per fortuna, the show must go on, come diciamo noi americani, e in un’agenzia di successo come la nostra lo show va in onda quotidianamente, e non si può saltare neanche una replica. La seconda cosa che vi volevo dire è che abbiamo trovato a tempo di record quello che ci sembra il sostituto ideale di Francesco. E’ un uomo che ha condiviso con Francesco esperienze di lavoro importanti e un comune modo di intendere la creatività, è un uomo che Francesco rispettava e stimava, anche se in passato avevano avuto alcune piccole divergenze peraltro tipiche di un mestiere così sentito e viscerale come il nostro. In breve, è il nostro uomo. Signore e signori, vi presento il nuovo Direttore Creativo Esecutivo di Altoprofilo: Antonio U.
“Vedi? Come ti dico sempre io: al peggio non c’è mai fine.”
“Non ci credo.”
“Invece toccherà che cominci a crederci.”
“Dobbiamo subito cercare di scappare di qui.”
“Per andare dove?”
“Boh.”

21.
Quello che so, pagina 7:
‘Offrire la linea di minor resistenza. Ecco il segreto. L’ho capito abbastanza presto. Basta non opporsi al fluire dagli eventi, delle cose, dei gusti degli altri. Non cercare la ragione, la logica, il senso. Tutte cose superate. E’ una cosa che posso dire di sapere, l’ho imparato sulla mia pelle. C’è stato un momento, all’inizio, in cui diciamo che ci credevo. Credevo che questo lavoro, come tutti i lavori, potesse avere una sua etica interna, una sua deontologia. Non mi sono mai illuso che chi la seguiva venisse premiato in modo clamoroso, ma mi sono invece illuso che fosse possibile vivere, almeno sopravvivere dignitosamente, applicando questa forma di rigore a quello che si faceva, e che la virtù fosse premio a se stessa. Ora so che non è così. E’ necessario che lo sappiano tutti.’

22.
Il primo atto di Antonio U. come nuovo Direttore Creativo Esecutivo della agenzia di pubblicità Altoprofilo fu cambiare l’arredamento della stanza. Il secondo costringere tutti ad una manifestazione di sottomissione nei suoi confronti. Naturalmente tutti fecero ciò che Antonio U. esigeva. Ora si trovava nella sua stanza rimessa a nuovo seduto di fronte ad uno dei creativi più giovani, Massimo Serafini, un ragazzo di venticinque anni appena salito a Milano dalla Calabria.
“Devi dire che Francesco M. era una merda.”
“E’ proprio necessario?”
“Vuoi continuare a lavorare qui?”
“Sì, penso di sì.”
“Allora è proprio necessario.”
“Vabbene, se ci tieni. Francesco M. era una merda.”
“Benissimo. Ora devi dire: tu sei il miglior direttore creativo del mondo.”
“Forse sarebbe meglio se ci conoscessimo un po’, prima.”
“Credo che se continui così non avrai l’opportunità di conoscermi meglio, perché domani sarai fuori di qui.”
“Scusa, ma se non conosco nessun altro direttore creativo, come faccio a dire che…”
“Senti, mi hai rotto le palle, vattene fuori di qui…”
“Okay, okay, lo dico. Tu sei il miglior direttore creativo del mondo.”
“Ci voleva tanto? Mi hai fatto perdere un sacco di tempo per una cosa semplicissima. Ora togliti dai piedi.”

23.
Quello che so, pagina 12:
‘Ricordo molto bene il giorno in cui ho pensato: non si può essere un po’ stronzi e un po’ bravi ragazzi, figli di puttana a metà. Dare via solo un pezzetto di culo. Vendere un porzione mignon di anima. Se bisogna essere delle merde, bisogna esserlo fino in fondo, senza mezzi termini. Da lì è iniziata la mia fortuna.’

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