giovedì 21 maggio 2009

Spiaggia Libera

Che meraviglia, pensò Marco guardando la spiaggia deserta davanti a lui. Non riusciva a capire. Certo, era la fine di Marzo. Certo, era un giorno infrasettimanale lontano da ponti e festività. Un giorno normale, anonimo. Ma una fortuna così grande era qualcosa che andava aldilà delle sue più rosee aspettative. Calcolò circa cinquecento metri alla sua sinistra e altrettanti se non di più alla sua destra, e in tutto quell'enorme spazio non c'era alcun essere umano né la minima traccia di esistenza. Il suo cuore era pieno di riconoscenza (anche se non sapeva nei confronti di chi avrebbe dovuto essere riconoscente) e per la prima volta dal giorno in cui lui e sua moglie si erano lasciati, circa tre mesi prima, si abbandonò cautamente all'ottimismo.
Forse è scoppiata la bomba atomica mentre dormivo e sono morti tutti. -pensò- Se è così, sia benedetta la bomba, ora e per tutti i secoli dei secoli, amen.
La sabbia era bianca e pulita, non troppo calda. Si spogliò senza togliersi la maglietta, si sdraiò sull'asciugamano e si mise a leggere il suo libro.
Dopo circa venti minuti sentì delle voci alla sua destra. Sollevò lo sguardo dalla pagina e vide che poco lontane da lui erano apparse due persone, un uomo e una donna. Erano ferme, e si stavano guardando intorno. Poi cominciarono a dirigersi verso di lui. Marco cercò di mantenere la calma, ma sentì che la parte posteriore della sua gamba destra, in corrispondenza del ginocchio, cominciava a sudare. Non era un buon segno. Come se si fossero trovati sulla stipatissima spiaggia di Rimini a mezzogiorno del 15 di Agosto, i nuovi arrivati stesero gli asciugamani a non più di un metro da Marco. Allora Marco notò che possedevano un gigantesco radioregistratore portatile.
Non lo sapete che nel frattempo è stato inventato l'iPod?, pensò Marco. Si spogliarono. Lui aveva un tanga giallo canarino e una pesante catena d'oro al collo. Lei un minuscolo due pezzi di leopardo, ma il pezzo di sopra se lo tolse senza perdere tempo. L'uomo prese una cassetta, sulla cui copertina Marco vide scritto "Mike Francis, greatest hits", la introdusse nel registratore e accese, a volume molto alto.
Ma da che epoca venite? Da dove siete usciti?
Marco era disorientato, non riusciva a capacitarsi che tutto questo stesse capitando proprio a lui. Di carattere timido e indole più che prudente, valutò l'ipotesi di alzarsi e andare dall'altro capo della spiaggia, lontano da quel condensato di orrore. Ma poi capì che non era possibile. In tutta la sua vita non aveva fatto altro che spostarsi. Questa volta no. Così, dopo un pensiero fugace dedicato a quella dannata bomba atomica che ancora una volta non era scoppiata, si rivolse cortesemente, anche se a voce un po' alta per via della musica, ai suoi vicini:
-Scusatemi tanto. Come potete vedere questa spiaggia è molto grande, e per un caso fortunato, più unico che raro a dire il vero, oggi è completamente deserta. A occhio e croce ci saranno circa cinquecento metri liberi alla nostra sinistra, e almeno altrettanti se non di più alla nostra destra. Ora, io non arrivo a dire che dovevate per forza sdraiarvi lontani da qui, anche se ad essere sincero sarebbe stato auspicabile. Viviamo in un paese democratico, come suol dirsi, e voi avete il diritto di sdraiarvi dove vi pare. Siamo su una spiaggia libera. Però anch'io credo di avere qualche diritto, per esempio quello di stare in santa pace, per cui vi chiedo: se volete sentire la musica per favore allontanatevi, o se proprio volete stare qui spegnetela o come minimo di abbassate il volume.
Si congratulò con se stesso per la tranquilità e il tono assolutamente ragionevole ed educato che aveva mantenuto.
Nel frattempo i due, che avevano preso a darsi da fare come se Marco non esistesse, sentendolo parlare si interruppero e lo guardarono come se lo vedessero per la prima volta. L'uomo smise di leccare il seno di lei e fissò Marco negli occhi con aria truce. Quando Marco ebbe finito di parlare l'uomo sbraitò:
-Senti stronzetto, vedi un po' di andare a fare in culo, con quell'aria da checca sifilitica. Noi qui stiamo bene e non spostiamo il culo di un millimetro, ficcatelo in quella testa di cazzo che ti ritrovi. E sentiamo la musica quanto ci pare al volume che ci pare, hai capito? E tu faresti meglio a sgommare, se non ti sta bene, invece di stare qui a guardarci e a sbavare.
-Guardone di merda! concluse la donna, con aria disgustata.
Marco si sentì soffocare. Fu molto rapido, come non era mai stato in vita sua. Senza quasi rendersene conto si alzò, afferrò il radioregistratore e cominciò a correre verso il mare. La spiaggia era piuttosto profonda, così quando arrivò sul bagnasciuga aveva raggiunto una discreta velocità, e il lancio fu decisamente spettacolare. Il radioregistratore fece un bel tuffo in acqua ad una decina di metri di distanza. Alle sue spalle sentì la voce dell'uomo che gridava:
-Figlio di puttana, io t'ammazzo!
Girandosi, vide l'uomo che si avventava su di lui. Era nudo, aveva il cazzo eretto che sballonzolava nella corsa, e in mano aveva un grosso pugnale da sub. Una scena comica.
Istintivamente Marco si gettò di lato e allo stesso tempo assestò un violento calcio nei coglioni dell'altro. Quando si rialzò sentì dolore ad un fianco, e vide che era stato colpito di striscio. Sanguinava, ma non copiosamente. L'altro stava riprendendo fiato, preparandosi ad attaccare di nuovo.
Questa volta non mi colpirà di striscio. Questa volta mi finirà. pensò Marco.
In quel momento si sentì afferrare da dietro. La donna aveva affondato le unghie nelle sue braccia e lo teneva fermo, affinché il suo compagno avesse un bersaglio più facile. L'uomo era in piedi e avanzava verso di lui. Marco vedeva la lama del pugnale correre verso il suo cuore e la sentiva già bruciare nella sua carne. All'ultimo momento ruotò violentemente su se stesso, voltando le spalle all'assalitore. La lama si conficcò nella schiena della donna, all'altezza dei polmoni. Lei emise un gemito, poco più di un soffio, e crollò nella sabbia vomitando sangue. Marco approfittò dello stupore dell'uomo, si lanciò su di lui e conficcò i suoi denti nella mano che teneva il pugnale, facendolo cadere.
Quello che l'uomo lesse nello sguardo di Marco non doveva essere niente di buono perché cominciò a scappare, inciampando sui suoi passi. Marco raccolse con calma il pugnale, lo pulì, raggiunse facilmente l'uomo che arrancava, lo fece cadere con la faccia nella sabbia e si inginocchiò sulla sua schiena. Poi, con molta tranquillità, afferrò l'uomo per i capelli sollevandogli leggermente la testa, quel tanto che bastava per tagliargli la gola da orecchio a orecchio.
Per una durata di tempo indefinibile restò seduto fissando il vuoto, come ipnotizzato. Poi si scosse e si guardò: era coperto di sangue dalla testa ai piedi, sangue suo e sangue non suo, che si stava raggrumando. Aveva caldo e si sentiva sporco. Decise di affrontare il mare di marzo. L'acqua fredda cominciò subito a tonificarlo. Lavò via il sangue con calma e attenzione. Tutt'intorno era tornato il meraviglioso silenzio post-atomico di pochi minuti prima.

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